MALTRATTAMENTO E UCCISIONE

Nell’immagine l’on. Brambilla porta alla Camera dei Deputati i cuccioli di Luce, cagnolina brutalmente maltrattata, salvati dalla sezione di Cosenza, curati dalla LEIDAA nazionale e poi tutti adottati

Maltrattare, uccidere o abbandonare un animale è reato.

Le norme vigenti sul maltrattamento e l’uccisione di animali sono quelle dettate dalla legge 189 del 2004, che, pur con evidenti limiti, ha rappresentato un importantissimo passo avanti nella tutela penale degli animali. Ha introdotto nel codice, infatti, un nuovo titolo IX bis “Dei delitti contro il sentimento per gli animali”. Benché i beni tutelati non siano la vita e la salute degli animali stessi, ma il sentimento di pietà degli uomini, e la normativa faccia salve alcune attività umane (per esempio la caccia, i circhi, la vivisezione), questa legge ha trasformato in “delitti”, cioè reati più gravi, fattispecie punite precedentemente come contravvenzioni. Le sanzioni sono state in seguito inasprite dalla legge di ratifica della Convenzione europea sugli animali da compagnia (201/2010).

Superando dunque il precedente art. 727 c.p. che prevedeva la sola contravvenzione, il reato di maltrattamento (compreso il fatto di sottoporre gli animali a sevizie, fatiche o a comportamenti incompatibili con le caratteristiche etologiche) è diventato, secondo il nuovo art.544 ter, un delitto punito con la reclusione da tre mesi a un anno e mezzo e con la multa da 5000 a 30.000 euro.

Le medesime previsioni si applicano a chiunque somministri agli animali sostanze stupefacenti o vietate e li sottoponga a trattamenti che procurino un danno alla loro salute. E delitti sono anche le altre fattispecie introdotte con la stessa legge: l’uccisione di animali per crudeltà o senza necessità (art. 544 bis), che prevede il carcere da quattro mesi a due anni, l’organizzazione e la promozione di spettacoli o manifestazioni che provochino lesioni ad animali o li sottopongano a sevizie (art. 544 quater), reato punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e la multa da 3000 a 15.000 euro, con aumento della pena se tutto ciò avviene in relazione all’esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto. 

E delitto, infine, è diventata la promozione e l’organizzazione di combattimenti di animali (art. 544 quinquies), per il quale è fissata la pena detentiva da uno a tre anni e la multa da 50.000 a 160.000 euro. Fondamentale, per la concreta tutela degli animali, la previsione dell’art. 544 sexies: in caso di condanna o di patteggiamento per tutte le fattispecie di delitti precedentemente elencate è obbligatoria la confisca dell’animale “salvo che non appartenga a persona estranea al reato”. A tutto questo si aggiungono le previsioni dell’art. 727 del codice penale: l’abbandono di animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con il carcere fino a un anno e un’ammenda da 1000 a 10.000 euro, e la medesima pena è prevista per chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

Questo solido impianto è stato oggettivamente indebolito dall’introduzione – nel 2015 dal Governo Renzi, nonostante le proteste delle associazioni animaliste – dell’art. 131 bis “Esclusione della punibilità per tenuità del fatto”: “Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.

L’offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all’età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona”

 

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