“Il Parlamento ascolti la voce dei cittadini, la Camera dei deputati esamini ed approvi la mia proposta di legge per vietare l’allevamento di animali da pelliccia”. E’ l’appello dell’on. Michela Vittoria Brambilla, che sabato 7 dicembre, a Milano, in piazza Argentina era a fianco dei militanti della Lav impegnati, per il secondo week end consecutivo, nella campagna “Apriamo le gabbie, chiudiamo gli allevamenti”. Sono già migliaia le firme raccolte per chiedere che le Camere prendano in considerazione il problema e finalmente decidano, com’è avvenuto in altri Paesi europei. “La pelliccia – sottolinea l’ex ministro – è un indumento volgare e fuori moda, ormai bandito dal cerimoniale e dal bon ton. E’ inaccettabile, infatti, che in nome del lucro, del capriccio e della vanità di pochi, milioni di animali soffrano nelle gabbie degli allevamenti intensivi o siano strappati al loro ambiente naturale, e uccisi. Fortunatamente la filiera della pelliccia rappresenta una quota molto piccola, e in continuo calo, del fatturato italiano nel settore dell’abbigliamento. Non più funzionale a riparare dal freddo, non più simbolo di status ma di vergogna, la pelliccia è semplicemente qualcosa di cui possiamo e dobbiamo fare a meno”.L’industria europea delle pellicce subisce da tempo la pressione dell’opinione pubblica e molti paesi, sia pure con una lunga fase di transizione, hanno introdotto il divieto di allevamento. L’ultimo e più importante risultato è stato ottenuto in Olanda, terzo produttore al mondo di pelli di visone, dove il Senato dell’Aia ha approvato una legge che farà chiudere quasi 200 allevamenti proprio perché le gabbie sono state ritenute incompatibili con il minimo livello di rispetto delle caratteristiche etologiche degli animali.In Italia, invece, c’è chi, approfittando del disagio creato alla crisi economica, tenta di propagandare questo crudele business. Ai 20 allevamenti già esistenti, per un totale di circa 200 mila animali l’anno, potrebbero aggiungersene altri due. “Ecco perché – conclude la Brambilla – occorre un immediato e deciso segnale del Parlamento. Basta lucrare sulla sofferenza degli animali. E che le donne italiane la capiscano: vestirsi di cadaveri, non è solo odioso ma anche degradante “.
LA PROPOSTA DI LEGGE AC 288 DELL’ON. MICHELA VITTORIA BRAMBILLA “DIVIETO DI ALLEVAMENTO, CATTURA E UCCISIONE DI ANIMALI PER LA PRODUZIONE DI PELLICCE”
In un contesto nazionale ed internazionale che vede l’affermarsi di una sempre maggiore coscienza di amore e rispetto per gli animali ed i loro diritti e l’estensione del concetto di tutela a tutte le specie animali, appare certamente offensiva del sentimento collettivo qualunque pratica di maltrattamento ed uccisione di animali, in particolare per appropriarsi della loro pelliccia.Oltre al rispetto del benessere animale, vi è oggi l’imprescindibile necessità, di fondare ogni attività economica su fattori di sostenibilità, di rispetto dell’ambiente, di responsabilità sociale. L’allevamento di animali per la produzione di pellicce non soddisfa nessuno di questi requisiti.Pertanto, in forza dell’evoluzione dei costumi sociali e dei principi comunitari in materia, la proposta di legge presentata dall’on. Michela Vittoria Brambilla, con il prezioso contributo della LAV, mira ad estendere le fattispecie di reato previste dall’articolo 544 bis (uccisione di animali “per crudeltà o senza necessità”) del Titolo IX-bis del codice penale (“Dei delitti contro il sentimento per gli animali”) alle attività di allevamento, cattura e uccisione di animali per la principale finalità di utilizzare la loro pelliccia.Inoltre, in aggiunta alle pene già previste per la violazione dell’articolo 544 bis del codice penale, ovvero la reclusione da tre a diciotto mesi, la proposta di legge prevede che chiunque allevi animali con la finalità di commercializzarne le pellicce o produca, commercializzi a qualunque titolo pellicce ricavate da animali allevati, catturati o uccisi in Italia sia punito con l’ammenda da euro 1.000 a euro 5.000 per ciascun animale. E in ogni caso consegue anche la confisca degli animali vivi nonché la distruzione del materiale di origine animale prodotto in violazione della legge in oggetto.Per gli animali degli allevamenti in via di dismissione sono previsti il reinserimento nell’ambiente naturale o l’affidamento a strutture adeguate.
LA TRAGEDIA DEGLI ANIMALI DA PELLICCIA, IN ITALIA E NEL MONDO
A livello mondiale occorre evidenziare che il business delle pellicce coinvolge circa 70 milioni di animali l’anno. L’85% della produzione proviene da animali appositamente allevati con metodi intensivi, prevalentemente in Europa (che detiene circa il 60% della produzione mondiale), ma anche in Cina (25%), Stati Uniti (poco più del 5%), Canada (4%), Russia (3%) e altri Paesi. In Italia l’allevamento di animali per la produzione di pellicce non è mai stata un’attività di particolare peso economico e negli ultimi 40 anni ha registrato una costante tendenza alla contrazione: nel 1988 erano attivi 170 allevamenti con circa 500mila animali; nel 2003 si sono ridotti a 50, con circa 150.000 animali. Oggi sono una ventina gli allevamenti ancora attivi in Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Abruzzo.. La concentrazione ha consentito di mantenere alta la produttività: negli stabilimenti italiani – dove si allevano prevalentemente visoni e in minor misura cincillà – soffrono e muoiono ancora 200 mila animali l’anno. Altre due strutture sono prossime all’apertura, in controtendenza rispetto al resto d’Europa. Rispetto all’intero settore dell’abbigliamento la pellicceria rappresenta una quota minima del mercato (il 2,8 per cento nel 2010) per un giro d’affari complessivo di 800 milioni.La strada proposta dal disegno di legge dell’on. Brambilla è già stata imboccata da molti Paesi. dal 2000 la Gran Bretagna ha bandito gli allevamenti in quanto ritenuti crudeli; anche Austria (dal 2004), Danimarca (dal 2009, con bando vigente a partire dal 2024), Irlanda del Nord e Scozia (2003), Croazia (dal 2007, con bando vigente a partire dal 2017), e la Bosnia hanno vietato l’allevamento di animali per la produzione di pellicce. Germania, Svizzera, Svezia e Bulgaria hanno adottato forti restrizioni a questa attività. L’Olanda ha vietato l’allevamento delle volpi e dei cincillà (dal 1995) e, l’anno scorso, quello dei visoni (con decorrenza 2024).
Milano, 07 Dicembre 2013