Riconoscimento degli equidi come animali d’affezione, divieto di macellazione e di consumo della carne, nuovi standard per i ricoveri e le scuderie, abolizione dei servizi di trasporto a trazione equina (come le botticelle) tutela dei cavalli bradi. Sono i principali obiettivi di una proposta di legge, firmata dall’on. Michela Vittoria Brambilla ed elaborata in collaborazione con associazioni animaliste specializzate, che punta ad una vera e propria rivoluzione rispetto ai termini tradizionali del rapporto tra l’uomo e questi splendidi animali.
Il testo è stato presentato questa mattina, a Truccazzano, dove l’associazione Progetto Islander accoglie i cavalli maltrattati, dall’on.
Brambilla, presidente della Lega Italiana per la Difesa degli animali e dell’Ambiente, chiedendo agli amanti degli animali di sostenerlo con una raccolta di firme sul quotidiano online www.nelcuore.org. Sono intervenute anche Marina Ghiretti di Anima Equina, Evelina Isola di Wild Watching “I cavalli dell’Aveto” e Nicole Berlusconi di Progetto Islander. “Con la nostra proposta – sottolinea l’on. Brambilla – si scioglie definitivamente l’ambiguità che finora ha caratterizzato lo status degli equidi nel nostro Paese (e non solo): a volte animale d’affezione, per lo più animale da reddito con tutti gli annessi e connessi legati a questa scomoda situazione. Ma le cose devono cambiare: il cavallo, l’asino, il bardotto, il mulo sono animali che danno e ricevono affetto e come tali devono essere trattati. A ciò provvedono le norme che abbiamo delineato, non solo mettendo gli equini sullo stesso piano giuridico dei cani e dei gatti e vietandone la macellazione e il consumo della carne, ma complessivamente rivedendo le norme che regolano le condizioni di vita di animali alleati dell’uomo da migliaia di anni”.
“E’ tempo di rinnovare un patto antico”, spiega l’on. Brambilla. “L’uomo, mostrando il peggio di sé, ha tradito l’amico che gli offriva se stesso in battaglia, per il duro lavoro dei campi, come mezzo di trasporto. Oggi il cavallo continua a essere sfruttato in mille modi: nei circhi, negli ippodromi ufficiali, nelle corse clandestine, sui sampietrini dei centri urbani a trascinare carrozzelle sotto la pioggia o con il caldo torrido, lanciato a folle velocità sui tracciati medievali dei palii. E nella maggior parte dei casi, spesso grazie a triangolazioni o certificazioni compiacenti, l’ultima stazione è il macello, per lo più dopo avere affrontato interminabili viaggi dall’est in condizioni inenarrabili. Mentre nel mondo anglosassone mangiare il cavallo è quasi inconcepibile, in alcuni Stati americani è addirittura illegale, da noi la specie è letteralmente utilizzata fino all’osso: l’’Italia vanta il triste primato di maggiore consumatore di carne equina tra i grandi paesi europei:
circa un chilo di carne all’anno pro capite. Fortunatamente le cose stanno cambiando. Nel 2006 erano ancora quasi 170 mila gli equini macellati nel nostro Paese, l’anno scorso sono stati poco più di 35 mila. Beninteso: anche uno solo sarebbe di troppo. Ma la gente capisce e manda in soffitta le vecchie mode alimentari. Anche l’inchiesta della Procura di Roma sui maltrattamenti ai cavalli delle botticelle – conclude l’ex ministro – è un segno dei tempi: la mia proposta abolisce i servizi di trasporto a trazione equina. Sono certa, così facendo, non solo di tutelare gli animali, ma anche l’immagine di un Paese, meta di milioni di turisti, che non può più tollerare certe violenze, se vuole dirsi civile”.
LA PDL AC322 “NORME PER LA TUTELA DEGLI EQUINI E IL LORO RICONOSCIMENTO COME ANIMALI D’AFFEZIONE”, PRIMA FIRMATARIA L’ON. MICHELA VITTORIA BRAMBILLA
Il testo prevede innanzitutto il riconoscimento dello status di «animali di affezione» a tutti gli equidi. Di conseguenza è sancito il divieto di macellazione di cavalli, asini, muli e bardotti, nonché il divieto di vendita e di consumo della loro carne su tutto il territorio nazionale e quello di importazione ed esportazione a fini alimentari. E’ inoltre proibito usare gli equidi in spettacoli contrari alla loro natura e in esperimenti scientifici.
Vengono poi fissati criteri per la custodia e la cura degli equini, per evitare la detenzione in condizioni non adeguate. E’ istituito un registro anagrafico degli equini presso le Asl che dia garanzia di tracciabilità e riconducibilità all’effettivo proprietario o possessore. Sono regolate le modalità di addestramento. Si aboliscono le aste di equini di proprietà delle Forze armate e di altri enti pubblici, che potranno essere affidati ad associazioni. Per gli equini anziani o malati sono previste convenzioni con strutture private o veri e propri “pensionati”.
Il testo definisce nuovi standard per i box (che devono avere dimensioni adeguate) e per la gestione dei cavalli (che hanno diritto di passare almeno due ore al giorno in un recinto erboso), abolisce i servizi di trasporto a trazione equina (come le botticelle), tutela le mandrie di cavalli selvaggi o rinselvatichiti.
Sono infine introdotte sanzioni per chi viola la legge e il rafforzamento dell’istituto della confisca.
SCHEDA INFORMATIVA
1-L’ITALIA TRA I PRIMI CONSUMATORI DI CARNE EQUINA Tradizionalmente gli italiani sono tra i maggiori consumatori di carne di cavallo nel mondo. Secondo il database Eurostat (2014), il consumo medio annuo è di un chilo in Italia, superata solo dal Belgio (1,2), alla pari con l’Olanda, e seguita da Lussemburgo (0,7) e Francia (0,5). Il consumo però è concentrato in poche Regioni: soprattutto Veneto, Puglia, Emilia-Romagna, Sardegna, Sicilia, Lombardia e Piemonte. Tre anni fa, quando scoppiò a livello continentale lo scandalo delle lasagne con carne di cavallo, peraltro non tracciata, la Coldiretti spiegò in una nota sulla situazione italiana che il consumo annuo era di 42,5 milioni di chili e la produzione nazionale del tutto insufficiente a soddisfare la domanda. Nel 2012, sempre secondo Coldiretti, i macelli italiani “producevano” 16,5 milioni di chili di carne equina (per la gran maggioranza di cavallo), ma l’organizzazione degli agricoltori stimava che appena il 25 per cento derivasse da animali nati, allevati e macellati nel nostro paese, mentre la stragrande maggioranza proveniva dall’estero, senza l’obbligo di indicarne l’origine nella vendita al dettaglio. “Quasi la metà – precisava Coldiretti – arriva dalla Polonia, ma anche da Francia e Spagna mentre poco più di un milione di chili proviene dalla Romania”.
Secondo l’Humane Society International, nell’Unione europea si macellavano (2008) circa 250 mila cavalli l’anno, il maggior numero dei quali in Italia e in Spagna. Per soddisfare la domanda si importava e si importa anche da Paesi extra Ue, Argentina Messico, Canada, dove sono uccisi, con bassi standard di igiene e sicurezza, cavalli provenienti dagli Stati Uniti.
In ogni caso l’Istat certifica che la macellazione degli equini sta fortemente declinando nel nostro paese, come mostra la seguente tabella (da
agri.istat.it)
Numero di equini macellati in Italia:
2005 137.644
2006 167.139
2007 99.971
2008 99.091
2009 84.063
2010 67.005
2011 62.237
2012 72.387
2013 53.234
2014 42.482
2015 35.368
2-VIAGGI DELLA MORTE
Di routine decine di migliaia di equini vivi compiono lunghi viaggi da altri paesi europei per finire nei macelli italiani. Nel 2010, per esempio, ne sono stati importati 51.653, di cui 50.175 dall’Europa, e macellati 67.005. In molti casi, dov’è tradizione mangiare carne di cavallo, i consumatori chiedono “carne fresca” macellata localmente, ma sono del tutto ignari del fatto che per lo più gli animali provengono da molto lontano e sono spesso trasportati in pessime condizioni. Benché oltre un milione di cittadini europei abbia chiesto alla Commissione di fissare il limite massimo di 8 ore per il trasporto di animali vivi in Europa, e nel dicembre 2012 l’abbia chiesto con un voto anche il Parlamento europeo, per ora questo limite non c’è e rimangono comunque forti problemi sull’applicazione del Regolamento del 2005 sul trasporto di animali vivi, in particolare per quanto riguarda i controlli.
3-VUOTI NORMATIVI
I regolamenti europei sull’etichettatura delle carni (da ultimo il 1337/2013) non riguardano conigli ed equini. Gli stessi produttori italiani paventano nuove frodi alimentari e chiedono interventi per garantire la tracciabilità della carne equina. Alle carenze della normativa europea si sommano quelle della legislazione italiana. Da noi il cavallo è in una posizione ambigua, di animale da reddito considerato anche animale da compagnia. In Italia esistono due regimi diversi, per i cavalli non DPA (non Destinati produzione alimentare), che possono essere trattati con determinati farmaci (ad es. antinfiammatori dannosi per l’uomo come il fenilbutazone) e cavalli DPA che non possono subire certi trattamenti perché potrebbero finire sulle tavole degli italiani. La scelta tra i due regimi dipende dal proprietario, che una volta optato per il non DPA in teoria non potrebbe più tornare indietro. Ma qualsiasi operatore del settore sa benissimo che è facile aggirare questo divieto (con triangolazioni all’estero o grazie a veterinari compiacenti). Per di più l’anagrafe equina richiede una riforma, solo da poco ha una gestione unica sul territorio nazionale, non riflette se non in parte la reale consistenza e non sempre garantisce l’effettiva tracciabilità degli animali. Dal 25 marzo 2015, dopo una lunga serie di vicissitudini amministrative, è attiva presso il ministero delle Politiche agricole la Banca dati equidi (BDE). “Attualmente – si legge sul sito – sono registrati circa 450.000 equidi di cui 420.000 vivi, la maggior parte sono cavalli (420.000) seguito da muli, asini e bardotti mentre sono circa 70.000 le aziende per un totale di 125.000 proprietari di cavalli”. Non ci si può stupire se cavalli ancora intestati ad ignari proprietari si ritrovano magari nel racket delle corse clandestine, un “classico” della zoomafia.
Link per scaricare il video shock della Lega Italiana Difesa Animali e Ambiente: http://bit.ly/1VXWFA9 ( )
Milano, 02 Maggio 2016