Vietare per legge l’allevamento, la cattura e l’uccisione di animali per ottenere pellicce, oltre che la produzione, l’esportazione, la commercializzazione, il trasporto, la detenzione, la cessione a qualunque titolo di pellicce ricavate da animali appositamente allevati, catturati o uccisi in Italia. E’ quanto previsto nella legge depositata alla Camera dei deputati dall’ex ministro del Turismo, on. Michela Vittoria Brambilla.Ed ê quanto chiedono gli animalisti delle principali associazioni italiane che con lei hanno manifestato oggi, mascherati da animali davanti ai cancelli del Mi-Fur, salone internazionale della pellicceria, a Milano. A supporto della proposta di legge sono state raccolte 50 mila firme in calce ad una petizione della Lav, che sarà consegnata la settimana prossima ai presidenti di Camera e Senato.
In armonia con i più recenti sviluppi della legislazione penale, la proposta di legge stabilisce che l’uccisione di animali da pelliccia e la commercializzazione di pelli di animali allevati o catturati in Italia diventino reati, puniti con la reclusione da 3 a 18 mesi e sanzioni pecuniarie fino a 5000 euro per ogni animale.Per gli animali degli allevamenti in via di dismissione sono previsti il reinserimento nell’ambiente naturale o l’affidamento a strutture adeguate. Questa strada è già stata imboccata da molti Paesi europei. L’Olanda ha vietato l’allevamento delle volpi e dei cincillà (dal 1995); dal 2000 la Gran Bretagna ha bandito gli allevamenti in quanto ritenuti crudeli; anche Austria (dal 2004), Danimarca (dal 2009, con bando vigente a partire dal 2024), Irlanda del Nord e Scozia (2003), Croazia (dal 2007, con bando vigente a partire dal 2017), e la Bosnia hanno vietato l’allevamento di animali per la produzione di pellicce. Germania, Svizzera, Svezia e Bulgaria hanno adottato forti restrizioni. “In nome del lucro, del capriccio e della vanità, 70 milioni di animali soffrono nelle gabbie degli allevamenti intensivi o sono strappati al loro ambiente naturale ed uccisi per produrre pelli o pellicce – spiega l’on.Brambilla- L’approvvigionamento avviene per l’85 per cento attraverso gli allevamenti e per il 15 per cento da catture in natura. E proprio dagli allevamenti europei provengono il 60 per cento delle pellicce commercializzate nel mondo. I metodi usati sono quelli industriali, che consentono di massimizzare il profitto.Naturalmente senza alcun rispetto per il benessere animale” “Fortunatamente nel nostro Paese – continua l’ex ministro del Turismo – la filiera della pelliccia non ha mai avuto una particolare rilevanza economica e negli ultimi anni appare in costante declino. Secondo il rapporto Eurispes 2011, per esempio, la percentuale di quanti valutano negativamente il fatto di indossare capi di pelliccia raccoglie l’83% delle risposte. Molti stilisti e molte imprese del settore dell’abbigliamento hanno già fatto propria questa sensibilità e si sono orientate verso una politica fur-free, cioè hanno rinunciato a produrre e commercializzare pellicce” “Bellezza ed eleganza non hanno nulla a che vedere con la sofferenza degli animali e diventano una vergogna se il sacrificio di creature viventi ne è il presupposto. Per questo – conclude l’on. Brambilla – voglio dire a tutte le donne: non vestitevi di cadaveri”.
Milano, 04 Marzo 2012