PELLICCE
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Sono almeno 70 milioni nel mondo gli animali allevati per ricavarne pellicce.
Visoni, ermellini, zibellini, volpi, cincillà, ma anche agnelli, cani e gatti. L’85 per cento della produzione mondiale proviene da allevamenti intensivi in Cina, Russia, Stati Uniti, Canada ed Europa. In Italia, a settembre sono presenti più di 63.000 visoni in 8 allevamenti intensivi in Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e Abruzzo.
Altri 10 milioni di animali “da pelliccia” finiscono ogni anno nelle trappole dei cacciatori, dove agonizzano per ore e per giorni. Le istituzioni comunitarie consentono ancora l’importazione delle loro pelli. Il Parlamento europeo ha votato nel 2009 il bando delle pelli e prodotti derivanti dalla caccia commerciale alle foche, una delle più violente e crudeli pratiche immaginabili: il 40 per cento dei piccoli di foca, bastonati a morte, veniva colpito più volte prima di morire e il 42 per cento era scuoiato ancora vivo.
In condizioni simili, ampiamente documentate dalle organizzazioni di protezione animale, muoiono cani-procioni, volpi, cani e gatti in Estremo oriente e in Cina, dove aumenta la produzione di pellicce a bassissimo costo in allevamenti-lager.
Come se non bastasse, vari studi dimostrano che l’impatto ambientale della pelliccia è molto elevato (14 volte quello del pile) e che la fase di maggior impatto è proprio quella dell’allevamento: per fare un chilo di pelliccia di visone occorrono 11 animali.
Numerosi paesi europei, in alcuni casi prevedendo una fase transitoria, hanno già messo al bando gli allevamenti di animali da pelliccia: Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia, Austria, Croazia, Bosnia, Danimarca, Olanda e Slovenia. Particolarmente significativo il passo compiuto dall’Olanda nel 2012. Il terzo paese al mondo produttore di pelli di visone, con 200 allevamenti e 5 milioni di animali stabulati l’anno, che già aveva vietato dal 2008 gli allevamenti di volpi e cincillà, ha concesso agli allevatori dodici anni di tempo per la riconversione ed ha posto fuori legge le gabbie con i visoni dal 2024. Nell’agosto scorso il termine è stato anticipato al gennaio 2021.
In Italia esistono solo proposte di legge. Come quella (AC 288) firmata all’inizio della XVII legislatura, e poi ridepositata dalla presidente di Lega Italiana per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente, on. Michela Vittoria Brambilla, prevede la dimissione degli allevamenti esistenti, l’affidamento degli animali ad associazioni protezionistiche o, se possibile, la loro reimmissione in natura, l’estensione delle fattispecie di reato previste dall’articolo 544 bis (uccisione di animali “per crudeltà o senza necessità”) del Titolo IX-bis del codice penale (“Dei delitti contro il sentimento per gli animali”) alle attività di allevamento, cattura e uccisione di animali per la principale finalità di utilizzarne la pelliccia.
Inoltre la LEIDAA e con l’on. Brambilla hanno lanciato diverse campagne informative (come quella che potete vedere in copertina con i cincillà Moira e Bernie) per sensibilizzare gli italiani sull’uso di alternative sintetiche alle pellicce: un indumento volgare, ormai bandito dal bon ton e superato dal progresso tecnologico. È inaccettabile che in nome del lucro, del capriccio e della vanità, milioni di animali ancora soffrano nelle gabbie degli allevamenti o siano strappati al loro ambiente naturale, e uccisi. Non più funzionale a riparare dal freddo, la pelliccia è più che altro una vergogna, qualcosa di cui possiamo e dobbiamo fare a meno. Più lo spieghiamo a chi ancora non ci ha pensato, meglio è. Promuovere l’acquisto di capi di abbigliamento privi di qualsiasi inserto di pelliccia è un modo per contribuire ad affossare il mercato e quindi a cessare ogni forma di produzione.
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