Le preaperture sono una “vergogna per il Paese”, un “appuntamento annuale con l’illegalità”, il via libera alla “vera e propria guerra contro la natura” condotta da amministratori pubblici per compiacere una minoranza (fortunatamente sempre più ridotta) di cacciatori e i produttori di armi.
Questo il giudizio della Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente – di cui fanno parte Lav, Enpa, Oipa, Lndc, Leidaa, AAE Conigli, AiutiamoFido, Amici Animali Onlus, Cani & Mici per Amici Onlus, City Angels, Earth, Eolo a 4 zampe, Frida’s Friends Onlus, I Favolosi Cani 80, Il Rifugio del Micio, Noi Animali, Ombre a 4 zampe, SOSGaia, SOS Levrieri, Tartamondo Onlus, Gaia Italia, L’Arca della Valle,Anita Onlus, Leal, Mondo Gatto Gruppo Volontari Onlus, Anima Equina Onlus – sulla decisione, presa da 16 Regioni, eccetto Val d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Liguria e Lazio, di autorizzare anche quest’anno la caccia per alcune giornate aggiuntive (fino ad 8) e per alcune specie (fino a 9) prima dell’apertura ufficiale della stagione, la terza domenica di settembre.
Non solo il buon senso e le evidenze scientifiche suggeriscono di non consentire la caccia nei periodi di migrazione e riproduzione, ma le direttive europee, già recepite da leggi italiane, vietano la pratica venatoria in questi momenti delicati per la fauna selvatica e numerose sentenze dei Tribunali amministrativi danno ragione ai ricorsi delle associazioni animaliste. Eppure norme e giudici, esattamente come l’opinione di milioni di italiani, nulla possono contro la lobby dei cacciatori, che per il proprio “divertimento” distruggono un patrimonio comune, calpestando – se ne hanno voglia – anche la proprietà privata. Poco importa se ci rimettono ghiandaie, tortore, merli, cornacchie grigie e nere, gazze, colombacci, alzavole, beccaccini, marzaiole, quaglie, germani reali e conigli selvatici, a rischio già da oggi secondo i calendari deliberati da Regioni e Provincie in barba alla logica, alle regole comunitarie, alla legge 157/1992 che prevede la necessità, per la programmazione dell’attività venatoria e per autorizzare le preaperture, di avere piani faunistici venatori aggiornati ogni cinque anni: in molte Regioni sono fermi agli anni Novanta.
Tanta arroganza è incoraggiata dal governo e dalla maggioranza del Parlamento che non solo non ha cancellato l’orrore dei richiami vivi, nonostante la procedura d’infrazione europea, ma col decreto competitività ha autorizzato forme di caccia sulla neve, più possibilità di sparo e la persecuzione di animali come le nutrie.
Milano, 01 Settembre 2014